Spumanti, vini frizzanti, bottiglie di “bollicine” per brindisi e Capodanni… sono tutti naturali? In molti, non esperti del vino, si chiedono se quel frizzare sia frutto di uve particolari, metodi di vinificazione o chissà cos’altro.
Per l’enologo o per chi ha frequentato un corso da sommelier di certo è noto sapere come si producono le bollicine, ma per tutti gli altri, è importante capire quali sono queste tecniche di vinificazione e a quali bottiglie “affidarsi” per i propri brindisi!
Cos’è la spumantizzazione
Un vino diventa spumante, frizzante e ricco di bollicine, tramite un processo che nella pratica è dato da una seconda fermentazione del vino. La produzione dello spumante parte, quindi, da una normale vinificazione per avere il vino di base che subirà, la cosiddetta “presa di spuma” o spumantizzazione.
Le uve utilizzate per questo processo, comunque, di regola non sono uve qualunque e si prediligono quelle a bacca bianca, come Pinot Grigio, Chardonnay, Moscati, per virare fino ai vitigni a bacca rossa come il Pinot Nero.
La spumantizzazione non ha comunque un protocollo univoco, dato che ne esistono due metodi differenti: il metodo tradizionale e il metodo Charmat, più recente.
Metodo classico di spumantizzazione
Chi frequenta enoteche, corsi di degustazione vino o solo semplici appassionati, avrà sentito la parola “metodo Champenoise”, che indica un metodo di spumantizzazione messo a punto nella regione francese dello Champenoise, dove si produce il celebre Champagne.
Il metodo consiste nel provocare la rifermentazione all’interno delle bottiglie dei vini, introducendo lieviti e zuccheri altamente selezionati. Quest’ultimi, detti anche liqueur de tirage, permettono al vino di acquisire un’ottimale pressione grazie alla presenza dell’anidride carbonica dovuta alla rifermentazione.
Questo secondo processo fermentativo parte quindi dal vino di base, e dal taglio graduale delle partite del vino stesso della cantina. Il taglio definitivo che subirà la presa di spuma è detto cuvée, e potrà essere eseguito con vini di varie annate o della stessa annata. Nel caso, appunto, in cui i vini base siano tutti dello stesso anno, la spumantizzazione darà vita ad uno spumante millesimato.
A partire dal vino base, a seconda della tipologia di prodotto che si vuole ottenere, può venire effettuato un primo taglio tra le diverse partite presenti in cantina. La cuvée, ovvero il taglio definitivo che subirà la presa di spuma, può esser fatta con vini base di diverse annate o con vini base ottenuti nella stessa annata, e in quest’ultimo caso lo spumante sarà un millesimato.
Il metodo Champenoise prevede che la presa di spuma sia la prima fase, seguita da una maturazione del vino, che dura anche 2 o 3 anni e si svolge sulle fecce, le cellule morte del lievito. Queste rilasciano dei composti nel vino, che vanno a conferirgli un sapore unico, aumentandone l’esclusività.
La fase successiva del metodo di spumantizzazione Champenoise, prevede il remuage o scuotimento, in cui le bottiglie vengono inserite nei pupitres, i cavalletti che le tengono rovesciate, con il collo in basso rispetto al fondo, e vanno ruotate spesso, permettendo alle fecce originate dalla fermentazione si vadano a depositare sul tappo per essere eliminate alla stappatura.
L’ultima fase della spumantizzazione è la sboccatura o dégorgement, il momento in cui si congela il collo della bottiglia e se ne togliere il tappo. Spinto dalla pressione, il deposito esce e il vino verrà successivamente rabboccato con uno sciroppo di zucchero e vino, il suddetto liqueur de tirage.
A seconda del tenore di zuccheri contenuti nello sciroppo, le caratteristiche dello spumante saranno diverse. Si va dai brut ai demi-sec, oppure pas dosé (non dosato), quando sono del tutto privi di zuccheri aggiunti.
Anche in Italia si producono spumanti con il metodo classico Champenoise, nelle regioni del Trentino-Alto Adige, Emilia, Oltrepò Pavese e Franciacorta. Si tratta di zone dal clima temperato tendente al freddo, collinari, con terreni calcarei o argillosi mediamente fertili e ben esposti.
Le uve che crescono in queste zone selezionate, ben si prestano alla spumantizzazione e danno vita a celebri vini.
Riguardo a questo metodo classico, c’è da dire che non si può più definire Champenoise dal 1994 in etichetta, e si può mantenere questa dicitura solo per lo Champagne. Tutti gli altri vini spumanti dovranno indicare “metodo tradizionale” o “metodo classico” oppure “Crémant” per i vini francesi.
Ciò è accaduto perché la regione vitivinicola dello Champagne ha ottenuto dalla Comunità Europea che la dicitura “metodo Champenoise” fosse riservata solo ai propri vini prodotti con metodo classico.
Metodo Charmat di spumantizzazione
Si tratta di un metodo più recente, che inserisce la tecnica di fermentazione in contenitori pressurizzati detti autoclavi, in cui il vino si unisce a dei lieviti selezionati e naturali, in grado di trasformare gli zuccheri a piacimento secondo le intenzioni del produttore.
Il metodo è detto anche Martinotti-Charmat, per via della combinazione delle scoperte avvenute intorno al 1895 da parte di Federico Martinotti, enologo italiano, adottate da Eugène Charmat, francese che mise a punto attrezzature e metodo, brevettando il tutto.
Il metodo Martinotti-Charmat è ampiamente diffuso per la sua facilità di realizzazione degli spumanti, rispetto al metodo classico, e permette di ottenere la spumantizzazione in modo veloce e con costi commerciali di molto inferiori, a fronte di un’ottima qualità dei vini.
Grazie a questa spumantizzazione, utilizzato in tutto il mondo a livello industriale, si possono ottenere spumanti a metodo corto, con un ciclo di lavorazione di 3-4 mesi, oppure lungo con cicli di 6 mesi, che dà vita agli spumanti Riserva.
Sono celebri in Italia i vini Charmat come il Moscato d’Asti, il Prosecco di Conegliano e il Valdobbiadene, i Lambrusco frizzanti e spumanti. Si utilizzano per questo metodo sia le uve del metodo classico sia uve come Moscato, Malvasia, Glera, Brachetto: se ne possono ottenere vini dai colori più tenui e sapori più freschi rispetto alla spumantizzazione classica.
Segreti da sommelier: come degustare un vino spumante
È fondamentale un raffreddamento della bottiglia, da mettere per circa 30 minuti in un secchiello – sì il celebre secchiello da Champagne – con ghiaccio sufficiente per riempirne metà. L’altra metà sarà acqua fresca.
Ma non basta, dato che già dal giorno prima, la bottiglia andrà raffreddata in frigorifero, mai nel freezer – circa 24 ore prima del consumo. Attenzione agli sbalzi di temperatura che deve essere di circa 6 gradi per poi degustare il vino a circa 10 gradi, una volta a tavola.
Il tappo dello spumante che salta, si sa, non è buona regola e va evitato che “esploda”: il tappo va fatto ruotare e scivolare lentamente.
Si versa poi nel flute, il bicchiere adatto per la massima espressione di questi vini spumantizzati: il vino si dispone a liberare gas solo in piccole superfici, in modo che l’equilibrio dello spumante non si turbi e le bollicine possano liberarsi, perlage e spuma per brindare!